Lo rivedo al bar con un cappello  indosso. Non mi saluta, ma accenna un triste sorriso. E lascia un po’ di caffè sul fondo del vetro insieme ad ogni desiderio mai realizzato.

Gli manca del colore e non solo sul vestito. Colore negli occhi, che non guardano più lontano. Persino le parole che pronuncia sono grigio fumo come il peso del suo mondo che gira al contrario.

Basterebbe un fiore all’occhiello della giacca o una stretta di mano per colorirlo di nuovo e dissipare in un momento la sofferenza del passato. Basterebbe chiedergli dell’ultimo libro letto e giocare a nascondino fra i silenzi dove trova riparo.

Ma se giochi a nascondino con te stesso finisci che ti perdi e non ti ritrovi, se non dall’altra parte di uno specchio da dove un estraneo ti chiama per nome, ma non sa chi sei, nè conosce il tuo cuore.

Nella foto: Particolare del quadro di Edward Hopper “Nighthawks”

L’uomo al bar

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